Sembra strano, ma non ricordo esattamente quando Sabrina vita da strega è entrato nella mia vita. Nonostante io avessi cinque anni quando è andato in onda per la prima volta mi sembra di non averne mai visto una puntata almeno fino alle medie, quando ho cominciato ad avvicinarmi ai prodotti che non fossero esclusivamente i cartoni animati o le cose che subivo passivamente a causa dei gusti televisivi dei miei. Erano gli anni delle prime cotte, dei primi veri drammi adolescenziali, per questo assistere alle avventure scolastiche e relazionali di Sabrina mi sembrava sia divertente che accurato.
Sempre alle medie inoltre ho sviluppato una vera e propria fascinazione per il mondo della magia e del soprannaturale, nato grazie a Streghe, Buffy e altri prodotti simili, quindi mi è parso naturale divorare una nuova serie che parlasse di stregoneria in chiave comica. Non ero una fan sfegatata del prodotto, ma Sabrina vita da strega è pur sempre una serie che fa parte della mia infanzia e della mia adolescenza, che mi ha seguito negli anni caldi della crescita (più o meno, sono sempre stata a sviluppo tardivo come il radicchio), quindi immaginate la mia faccia, poco tempo fa, quando ho scoperto che avrebbero fatto il reboot della serie.
Allora, per chi non sapesse cos’è un reboot, diciamo che è una specie di remake. Si prendono gli ingredienti principali di un piatto precedentemente assaggiato e amato, li si mette in una grosso calderone (in questo caso è proprio una metafora azzeccata. Capita no? Streghe, calderone…) e si tira fuori qualcosa che di solito fa più schifo. Ma solo di solito, non sempre. A volte si possono ottenere buoni risultati. Non ero convintissima di voler vedere la rivisitazione di Sabrina, ma sono contenta di aver fatto un tentativo. Spazio alla recensione, dunque!
Avvertenze: Cerco sempre di evitare spoiler. Qualche allusione velata però la faccio.
Trama
Sabrina Spellman sembra una ragazza come molte altre, non fosse che vive in una famiglia di praticanti della stregoneria (in particolare con le zie Hilda e Zelda e con il cugino Ambrose che boh, io non avevo mai visto) ed è per metà mortale e per metà strega. Data la sua natura ibrida al compimento dei suoi sedici anni Sabrina deve fare una scelta molto importante: decidere se rinunciare alla magia e al suo percorso formativo soprannaturale o se lasciare il mondo dei mortali, le amicizie e gli amori, per diventare a tutti gli effetti una strega. Sconvolta e arrabbiata dall’assurdità di questa scelta così rigida, la giovane Sabrina si impone con determinazione per mantenere il meglio di entrambi i mondi. Se solo fosse così facile…
Recensione
La mia reazione davanti ai reboot in generale consiste quasi sempre in ansia e scetticismo. Negli ultimi tempi sembra che all’originalità si preferisca sempre la rielaborazione di cose che in passato hanno già avuto successo, sia dei filmoni usciti al cinema che delle serie tv. Non credo molto nella validità di questo meccanismo, che sembra voler far leva sulla nostalgia dei giovani adulti nati negli anni ‘80/’90 e conquistare al tempo stesso anche quei ragazzini che si sono persi grandi capolavori cinematografici e televisivi. Molte volte il prodotto d’origine viene preso, sbudellato e stravolto da visioni alternative della storia, oppure rovinato da una certa inconsistenza di fondo, che alla fine strizzi e strizzi e da questo mega filmone non cola nulla di sostanzioso o di emotivamente coinvolgente. Nemmeno gli effetti speciali meravigliosi frutto delle più moderne tecnologie della Nasa possono fare qualcosa per evitare il massacro. Basterebbe solo che si riuscisse a raggiungere l’intento di intrattenere come il dio del cinema comanda, ma a volte nemmeno quello. Mi aspetto a breve un reboot di Grease, Gremlins, Hocus Pocus e Sentieri.
Per carità non posso e non voglio fare di tutta l’erba un fascio. Può sempre capitare (e io ho avuto modo di sperimentarlo) quell’inaspettato colpo di fortuna che fa sì che la fiducia nei confronti di uno di questi remake sia ben riposta e che il risultato sia, se non proprio fenomenale, almeno piacevole. La mia speranza e quella di quasi tutti i fan del mondo è proprio questa.
Ho avuto un piccolo tuffo al cuore quando ho letto la notizia dell’uscita de Le terrificanti avventure di Sabrina, ma devo anche confessare che la curiosità ha avuto la meglio sul terrore di vedermi rovinata una serie amata dell’infanzia. A spingermi a volerla vedere è stata la volontà dei produttori e registi di voler calcare la mano sull’origine fumettosa della serie.
Urge una piccola precisazione: la Sabrina vita da strega che conosciamo noi e che ricordiamo con affetto nasce da un fumetto facente parte dell’universo di Archie Comics (quello che ha ispirato Riverdale) e poi distaccatosi per prendere una forma propria. Una di queste forme, rielaborazione tarda di Roberto Aguirre-Sacasa e di Robert Hack del 2014, si chiama proprio Le terrificanti avventure di Sabrina, decisamente più cupo e con maggiore attenzione per le tematiche soprannaturali. La nuova serie tv, realizzata nel 2018 e trasmessa da Netflix, si ispira a questo. Insomma, non al fumetto zuccheroso e alla serie di Italia 1 simpatica e ironica, ma a un prodotto più tenebroso, horror e dai toni piacevolmente vintage. Mi è sembrato un ottimo punto di partenza almeno per donare un carattere personale alla serie. Guardandola sembra infatti di stare di fronte a un prodotto completamente diverso, a qualcosa di più maturo (seppur pensato per i giovincelli), interessante e dalle enormi potenzialità. Ahimè un pochino sprecate.
Poiché Le terrificanti avventure di Sabrina sono state annunciate come una sorta di mini-crossover di Riverdale con quel drama adolescenziale palesemente e volutamente trash, se da un lato ero elettrizzata all’idea di provare la serie, dall’altra temevo con orrore che mi venisse riproposto in chiave un po’ più fosca un novello Riverdale. Pericolo quasi del tutto scampato, poiché nonostante le allusioni al proprio universo d’origine, la serie è stata in grado di distanziarsene parecchio e di mostrarsi indipendente, affrontando delle tematiche decisamente interessanti che, sebbene avrebbero potuto essere approfondite con maggiore cura, hanno saputo almeno darci da pensare.
In primo luogo è la società patriarcale, espressa soprattutto nella religione, a essere il primo grande tema della serie, assieme alla forte spinta all’emancipazione e al femminismo dimostrato dalla protagonista e da altri personaggi contro un sistema governato da uomini.
Superando una trama che in parte segue gli sviluppi della serie Mediaset (nella presenza delle due zie e nel rapporto tra Harvey e Sabrina) e in parte elabora in modo un po’ confuso nuovi spunti, mettendo tanta carne al fuoco, Le terrificanti avventure di Sabrina ha come scopo quello di mostrare una giovane donna fiera e indipendente lottare contro una società patriarcale che si rispecchia in vari ambiti della sua vita: nella scuola, diretta da un preside ottuso e maschilista che vede di cattivo occhio qualunque tentativo di svecchiare la mentalità vigente; e nella frequentazione della Chiesa di Satana, composta da moltissimi fedeli di sesso femminile (che prevalgono sugli altri), ma governata da un sacerdote maschio che detiene con carisma tutto il potere.
In entrambi questi aspetti Sabrina (Kiernan Shipka) si muove come una forza inarrestabile, dubbiosa sul proprio futuro, ma sempre ben decisa a voler mantenere la propria identità e i propri diritti. Il tipo di stregoneria alla quale Sabrina appartiene ha come riferimento principale l’adorazione della figura di Satana, non per forza dipinto come essere malvagio come fa la Chiesa, ma percepito semplicemente come un percorso di fede alternativo. Mi perdonino gli esperti del settore se affronto queste tematiche con superficialità. Ho scarse conoscenze e posso parlare solo per quel che la serie mi ha comunicato.
Ho percepito in questa forma di magia come culto da una parte l’intento di mostrare alcuni risvolti del Satanismo che realmente esistono tra i fedeli di questa religione, dall’altra una sorta di scimmiottamento di molte fedi che vedono la figura maschile come unica detentrice di ogni forma di potere e che relegano la donna a un essere sottomesso, votato alla venerazione dell’uomo e a lui spesso completamente devota. Questo è proprio il destino delle praticanti di cui Sabrina deve decidere se fare parte o no. Una volta scelto il percorso della magia la strega in questione deve firmare il libro di Satana sottomettendosi del tutto al suo volere di essere onnipotente (e spesso a tradizioni che non stanno né in cielo né in terra). È difficile non vedere in questi dettagli un riferimento al Cristianesimo nelle sue forme più bigotte e arretrate, ma è anche bello notare come la protagonista lotti contro un simile sistema ingiusto, fatto di negazioni assurde e immotivate, di rinunce alla propria vita personale e di interesse soltanto per l’Oscuro Signore.
Quella della nostra giovane protagonista sarà una lotta che la porterà anche a cozzare contro i pareri della famiglia, soprattutto della zia Zelda (un’algida e bravissima Miranda Otto che qui si mostra in tutto il suo stile e con uno sguardo capace di comunicare ancora più dei suoi stessi dialoghi), che la vuole vedere iscritta al Libro di Satana e studentessa alla scuola di Stregoneria. Hilda (Lucy Davis) è più accomodante e perfino comprensiva nei confronti dei bisogni di libertà della nipote.
Se nell’ambito della magia Sabrina cerca di dimostrare la propria indipendenza andando anche contro le volontà della famiglia, anche in ambiente scolastico lei e le altre figure femminili lottano per un sistema più aperto mentalmente, più inclusivo e pacifico. Tramite la fondazione del gruppo di sostegno per donne W.I.C.C.A. (Women Inersectional Cultural & Creative Association), ma il termine fa riferimento anche alla forma moderna di stregoneria fondata sul rispetto dell’ambiente e sull’esaltazione della figura femminile, che ha poco a che vedere con il tipo di magia presentato dalla serie) Sabrina e le sue amiche decidono di porre freno alle diverse forme di discriminazione. La serie tv si muove infatti in modo da mostrare vari aspetti della diversità e del “diverso” all’interno di un ambiente (familiare, scolastico e religioso), mostrandolo come una sfumatura normale della personalità di una persona e della sua scelta di vita, ma comunque ancora ostacolato.
Insomma, la tematica del femminismo e della rivoluzione contro un sistema fortemente patriarcale si esprime in vari modi in questo prodotto, sia nella presenza di un’antagonista femminile (carismatica e a tratti quasi comica, ma un pochino inconsistente a conti fatti), sia nella ribellione contro un sistema religioso ormai obsoleto e retrogrado, ma il tutto è avvenuto talvolta in modo poco chiaro e un po’ confuso, tanto che alla fine nemmeno io ho capito benissimo come si è arrivati al grande finale. Ciò che io ho percepito e che ho sentito anche in altre varie opinioni è che dalla metà in poi la serie va un po’ per fratte, si perde, diventa più lenta, un po’ noiosetta, meno iconica e diretta rispetto alle prime puntate che invece mi sono piaciute molto. Ed è un po’ una delusione perdere interesse proprio quando il prodotto dovrebbe arrivare a una conclusione (che conclusione non è, visto che la seconda stagione è stata confermata).
Si nota una certa inconsistenza anche nello sviluppo psicologico dei personaggi, che poteva essere un po’ più approfondito. Sabrina, l’abbiamo capito, è tanto caruccia, ma anche spaccaculi, coraggiosa, testarda e determinata e ridacchia durante i film splatter come se stesse vedendo Buona Domenica, ma gli altri personaggi risultano alla fine della serie un po’ piattini o comunque caratterialmente meno elaborati di quanto avrebbero dovuto essere. Si intuiscono i loro problemi, i drammi che devono affrontare, ma per quanto risultino simpatici mancano di quel je ne sais quoi che dona loro quello spessore necessario per amarli e per rispondere adeguatamente alla classica domanda: “qual’è il tuo personaggio preferito?”.
Comunque mi sembra giusto dare una nota di merito a queste figure secondarie per essere state in grado di svecchiare un po’ lo stereotipo del teen drama composto da bonazze bionde, tendenzialmente caucasiche e solitamente etero-mangiauomini. Qui abbiamo infatti l’afroamericana Rosalind, la piccoletta Susie che si veste in abiti maschili e preferisce non definire il proprio genere, optando per un identificazione non-binaria di se stessa, e poi Harvey (Ross Lynch) che è sì un belloccio, ma che ha anche parecchie fisse da nerd a differenza dei soliti love interest interessati solo allo sport, alle macchine e al tubero. Anche la relazione tra Sabrina e il ragazzo mi è parsa piuttosto ben rappresentata, tendenzialmente pura e, anche se piatta, non scalfita dai soliti drammi giovanili e da quei tira e molla di cui un pochino ci siamo stufati. Sono carucci e basta e questo ha rispettato le mie aspettative.
Insomma, punti positivi e punti negativi che alla fine di questa recensione un po’ chiacchiericcia mi hanno fatto capire che Le terrificanti avventure di Sabrina non è una serie fatta benissimo, soprattutto dal punto di vista narrativo (le riprese un po’ sfocate sono strane, ma possono anche piacere), ma che sa toccare punti importanti, ossia quelli della lotta alle convenzioni di una società sessista, di un culto patriarcale e ai pregiudizi contro ogni forma di diversità personale. Si dimostra valida da questo punto di vista, affascinante e avvincente per quanto riguarda i momenti più cupi e grotteschi, interessanti per le interpretazioni dei suoi attori (a me le zie sono piaciute davvero tanto, nella loro diversità e nel loro rapporto particolare e un po’ inquietante di odio-amore), ma povera dal punto di vista della trama, che alla fine dei fatti io ho capito poco. Altri due veloci punti positivi: la scelta di non aver fatto parlare Salem (sarebbe stato oltre modo ridicolo in questa serie) e la colonna sonora meravigliosa.
Voto: 3 pescetti su 5 (ma un po’ tirati eh)
Consigliato a chi: adora pipistrelli, demoni, fantasmi e creature strambe da film horror; vuole gustare una serie tv dai tratti originali, ma comunque senza troppo impegno; apprezza un po’ di femminismo rivoluzionario; cerca un po’ di drama diverso dal solito.
Sconsigliato a chi: ha la fobia dei caproni; ritiene che il tema del Satanismo sia troppo delicato per essere trattato con leggerezza; vuole che Salem sia un micione chiacchierone come nella vecchia serie tv; non sa distinguere Hilda da Zelda (e comunque io ancora non ci riesco).