Serie Tv

Quando è l’abito a fare il monaco: natura, progresso e meraviglie grafiche in Love, Death & Robots

Man mano che le serie tv diventano sempre di più il mio pane quotidiano mi rendo conto di quanto ultimamente io sia affezionata alle storie che si concludono in una o massimo due stagioni. Con ciò non voglio togliere nulla ai prodotti più longevi (ricordo che sono una grande fan di Once Upon a Time, Rizzoli & Isles, Friends e un sacco di altre sit-com parecchio durature), ma in alcuni casi è bello sapere che una trama ben riuscita non venga tirata troppo per le lunghe, col rischio di rovinarla con scelte stupide. Molto semplicemente, ci sono serie tv che sono portate per allietarci per anni e anni e altre che meritano una fine dignitosa dopo una sola stagione.

L’annuncio dell’uscita su Netflix di una serie antologica di corti animati, mi ha per questo motivo mandata in visibilio. Avrei avuto a disposizione tante storie brevi, dalla grafica pazzesca e a tema fantascientifico. Una delizia per gli occhi, senza dubbio. Ho atteso il rilascio di Love, Death & Robots, dopodiché me lo sono divorata in una nottata!

Avvertenze: Cerco sempre di evitare spoiler. Qualche allusione velata però la faccio.

Trama

Love, Death & Robots è una serie di animazione antologica, che presenta dunque una trama diversa per ogni episodio. Il filo conduttore delle storie narrate da questo titolo è la fantascienza e il mondo futuro. Aspettatevi dunque tanti robot, linee temporali alternative, viaggi intergalattici e navicelle spaziali, conditi da un po’ di sangue (tanto) e una dose consistente di nudità. Non per niente è vietato ai minori di 18 anni.

Recensione

Pur non essendo né vanitosa, né sostenitrice particolarmente affiatata dell’estetica, sono d’accordo con Danny DeVito in Matilda sei mitica quando dice che nove volte su dieci l’abito fa il monaco. Siamo nel 2019, è altamente probabile che di storie belle ne siano già raccontate a bizzeffe, ma davvero si può dire che le trame interessanti siano state raccontate bene?
Solo recentemente ho avuto modo di guardare Black Lightning, una serie tv della CW dedicata a un supereroe di colore in lotta contro il razzismo e la criminalità cittadina. Niente di nuovo, è vero, ma la storia di Black Lightning come supereroe e come uomo (preside di una scuola e padre di famiglia) sarebbe stata decisamente interessante se fosse stata confezionata un po’ meglio. Forse ve ne parlerò meglio in un’apposita recensione. Allo stesso modo si può scegliere di parlare di qualcosa di non proprio innovativo e nemmeno super complesso, facendolo però nel modo giusto, con uno stile narrativo che incatena lo spettatore allo schermo e lo lascia andare solo a stagione conclusa. Il top sarebbe senza dubbio il rispetto di entrambi i criteri, trama eccezionale, grafica pazzesca e stile narrativo coi controcavoli, ma non si può sempre avere tutto. È per questo che penso che a volte sia la scrittura la vera chiave per un’opera di successo, e non per forza la trama in sé.

Love, Death & Robots è un altro esempio perfetto di questa regola: realizzata in modo pazzesco, con una grafica che fa venire la pelle d’oca, questa serie tv non spicca certo per originalità. I racconti su cui è incentrata, quasi tutti di genere fantascientifico, non sono per niente innovativi. Certo, le vicende narrate, ambientate in un futuro ipertecnologico, in un passato in via di industrializzazione o in un presente già particolarmente governato dal digitale, avrebbero potuto e dovuto dire di più, ma una volta conclusa la serie ci si rende conto che a conquistare è stato soprattutto il modo in cui queste storie sono state raccontate. A determinare inoltre quel senso di “già visto” che si percepisce durante il corso delle puntate è il fatto che esse trattano temi già affrontati in passato da molti autori di libri, film e serie tv, Asimov in primis, con le sue leggi della robotica, o lo stesso David Fincher (produttore della serie), già conosciuto per averci regalato un capolavoro come Alien. Ogni episodio non si ispira solamente ai più grandi autori della fantascienza, ma a veri e propri racconti esistenti, reinterpretati e portati su schermo da diversi registi.

Ho letto alcune critiche al riguardo delle trame e affermazioni di persone che hanno apprezzato poco la serie in generale perché alcune delle storie presentate non erano nelle loro corde, ma penso che sia proprio questo il bello di Love, Death & Robots (oltre ovviamente alla sua qualità), e delle serie antologiche in generale. Trattandosi di tante vicende diverse, tutte autoconclusive, non trovo nulla di strano nel preferire un episodio rispetto a un altro. Io stessa ho la mia piccola classifica mentale (con al n°1 Buona caccia). Ogni puntata riesce a toccare corde diverse, a fare leva su gusti personali differenti e a conquistare una tipologia di spettatore rispetto a un’altra. Ciò che funziona ancora di più dell’intero prodotto è il suo formato breve, che assicura l’assenza di noia da parte dello spettatore meno interessato a uno specifico episodio e lascia quello appassionato voglioso di proseguire nella visione. Con Love, Death & Robots si scatena automaticamente il meccanismo del bingewatching, a cui è quasi impossibile non cedere di fronte a questi corti animati.

Se l’originalità manca nella scrittura, tranne in qualcuno dei 18 corti che fanno parte della serie, essa si manifesta nella scelta di esplorare senza freni un universo esclusivamente accessibile a un pubblico adulto e nella varietà degli stili utilizzati.
Il divieto ai minori di 18 anni non è solo un piccolo avvertimento a tutela degli spettatori più giovani e sensibili, ma un vero e proprio segnale per chiarire fin da subito che di cose pesanti se ne vedranno tante, a partire dal gore fino alla più sfrenata nudità. È l’animazione che rende tutto questo possibile, in un modo che nessun altro mezzo potrebbe permettere. È così che i corpi smembrati e i giri di lenzuola tra personaggi (per usare un eufemismo), pur sembrando incredibilmente vividi grazie al realismo grafico, ci appaiono rarefatti, sospesi e per questo ancora più affascinanti.

Un ulteriore elemento di fascino è rappresentato dalla diversità di stili che si registrano da un episodio all’altro, vera chicca di questa serie. La monotonia è del tutto assente per l’occhio, che si trova a passare da uno stile grafico all’altro a ogni cambio di episodio. Così mentre una puntata ambientata in un futuro desolato caratterizzato da combattimenti tra mostri deve presentarsi in una veste iper-realistica, altre puntate possono manifestarsi in un bellissimo stile fumettoso, da anime giapponese o da cartone animato occidentale. Questa varietà dona ritmo a tutta la serie e permette allo spettatore di ammirare le infine sfumature e manifestazioni di questo capolavoro di animazione, ancora una volta dimostrazione del fatto che la semplicità narrativa può essere ancora vincente, se confezionata in modo magistrale.
Questo non significa tuttavia che i corti siano privi di emotività o significato. Ognuno di essi, dal più semplice al più complesso, riesce a trasmettere con serietà oppure comicità una visione del mondo ormai quasi del tutto dominata dalla tecnologia, dove l’essere umano si è tanto abbandonato al progresso e alla conquista da dimenticare la magia della natura, la spiritualità e la filosofia. Ma non tutto è perduto, perché non sempre il binomio tecnologia-natura deve dare vita a un’antitesi e alla frase stereotipata che dice “ah, ma ormai in questo mondo tecnologico non c’è più spazio per, bla bla bla…”.
Il respiro della vita e la magia del mondo antico ancora si percepiscono, in un animale che mantiene i propri istinti anche quando viene trasformato in macchina dall’egoismo dell’uomo, in un androide che abbandona ogni ambizione per tornare al suo umile ruolo di pulizia e in un gruppo di bizzarri robot che provano curiosità e meraviglia di fronte alle vestigia del passato mondo umano.

Voto: 4,5 pescetti su 5

Consigliato a chi: ama la fantascienza, i robot e i romanzi di Asimov e co.; non si sconvolge di fronte a un po’ di sbudellamenti e tette nude (e non solo); vuole assistere a una sfilata di corti meravigliosi e dallo stile sempre diverso; vuole vedere ottime scene d’azione e robottoni che sparano.

Sconsigliato a chi: vuole solo storie a lieto fine; cerca storie innovative in ogni episodio; pensa che i robot siano solo scatolette di latta privi di coscienza; pensa che questa serie sia un cartone animato pacioso e privo di violenza.

An Otter Point of View

Appallottolata su se stessa, la lontra scruta il mondo con occhietti curiosi, offrendo il proprio giudizio personale (spesso non richiesto).
Batuffolo nevrotico, trova se stessa tra le pagine di un libro o di fronte a una buona serie tv. Inguaribile giocherellona (soprattutto con un controller), fangirl sfegatata di troppe cose e shipper compulsiva.

Potrebbe piacerti...

Lascia un commento