Credo sia sempre molto difficile parlare di sesso in tv. La sessualità in tutte le sue forme non è un argomento che ritengo delicato in sé, dato che è una componente fondamentale dell’essere umano o comunque di molte persone. Richiede tuttavia una certa delicatezza nei toni, un approccio che lo renda naturale e spontaneo anche quando per molti giovani e adulti ancora non lo è.
Non ci dovrebbe essere nulla di imbarazzante in un atto che a livello quasi universale proviene dal nostro istinto di conservazione, ma proveniamo anche da un background culturale (nonché religioso) che lo hanno demonizzato al punto da portarci a credere che un contatto così intimo può essere accettato solo in alcuni casi. Che sia un’idea obsoleta da svecchiare è fuori dubbio, per questo accolgo sempre con grande piacere e interesse prodotti, che siano serie tv, film o libri, che tentino di presentare il sesso come qualcosa di normale, a volte problematico magari, ma parte integrante della nostra vita e cultura. Siamo nel 2019 e ancora sentiamo il forte bisogno di un prodotto rivoluzionario che sappia finalmente combattere questa mentalità imposta e donarci una visione completa e realistica dei rapporti umani senza mai scadere nel volgare o nel ridicolo.
Ecco il motivo per cui ho voluto gettarmi sulla serie di Netflix Sex Education.
Trama
Otis è un liceale con una madre ingombrante e un problema sessuale non da poco. Figlio di una sessuologa un po’ invadente e protettiva nei suoi confronti, nonché spesso impegnata in incontri di una notte con uomini sempre diversi, Otis vive con disagio il tema della masturbazione, che dovrebbe essere normale e spontaneo per la maggior parte dei ragazzi della sua età. Un giorno una sua compagna di classe, capendo di avere a che fare con un ragazzo sensibile e teoricamente esperto di sessualità umana (origliare le sedute della mamma gli ha creato un bel bagaglio di conoscenze psicologiche), lo convince a dare il via a una sorta di società amatoriale di supporto sessuale ai ragazzi della scuola per fare un po’ di soldi. Otis si renderà conto che i drammi umani non sono poi così facili da affrontare e che oltre a insegnare, c’è ancora molto da imparare.
Recensione
Come avviene spesso con le serie Netflix, anche Sex Education è stato un vero e proprio fenomeno web. Oltre ad essere un prodotto accattivante, si è presentato nella gran parte delle recensioni che ho letto come qualcosa di molto innovativo, capace di spezzare stereotipi e di mostrare il sesso in modo nuovo e giusto. Credo che questo primato sia meritato solo in parte, non per il mancato contributo che ha dato nello svecchiare la questione (quello lo riconosco anche io), ma perché con tutti i prodotti demenziali che parlano di relazioni fisiche, pretendevo da Sex Education un approccio meno volgare. So di non essere tra le persone più libere per quanto riguarda la consapevolezza del proprio corpo, ma so anche per certo di non essere una repressa e una ragazza così timida da non riuscire a guardare scene di sesso estremo o ad ascoltare discorsi che battono su questo punto. In modo del tutto oggettivo dunque ho percepito da parte di Sex Education, fin dalle sue prime puntate, una sorta di forzatura nel tornare sempre, sempre, sulla tematica del sesso. Insomma, cosa mi aspettavo da un prodotto incentrato sull’educazione sessuale? Questo è vero, di sicuro non potevo pretendere mere allusioni, ma credo anche che partire in quarta mostrando una scuola di infoiati mannari senza altro nella testa e incentrando i dialoghi su termini quasi esclusivamente espliciti (niente giri di parole e perifrasi pittoresche per descrivere gli organi genitali e tutto ciò che li riguarda), secondo me non agevola il realismo. Ricordo bene la vita al liceo, ricordo di aver avuto anche io i miei bei disagi e proprio per questo mi sembra difficile pensare che tutti i casi presentati da Sex Education e analizzati da Otis nel suo tentativo piuttosto maldestro di improvvisarsi sessuologo siano così liberi di descrivere in termini volgari i fenomeni che il loro corpo registra. Questo potrebbe essere visto come un segnale di progresso, forte e chiaro, ma il risultato su di me è stato di un forte imbarazzo, che ha scalzato ogni possibilità di empatia quando a essere al centro dell’attenzione erano i problemi sessuali dei personaggi.
È stato quando i toni si sono fatti più lievi e dietro alla patina un po’ troppo pittoresca e insistente del sesso sono emersi i drammi umani di tutte le figure prese in analisi in Sex Education, che ho abbandonato gran parte delle mie riserve e ho cominciato a sentirmi emotivamente coinvolta. Questo grazie all’eccellente ed efficace caratterizzazione di una serie di personaggi che spezzano alcuni dei più grandi stereotipi presentati dai media.
Il giovane Otis (interpretato da un credibile Asa Butterfield) è un paradossale protagonista. Lui che non solo è vergine, ma anche frustrato e sessualmente represso, decide di essere in grado di aiutare gli altri con i loro problemi relazionali. Il suo talento nell’analizzare le situazioni altrui deriva dalla sua empatia e nelle competenze teoriche che gli derivano, suo malgrado, dalle sedute di terapia portate avanti da sua madre, una spettacolare (come al solito, no?) Gillian Anderson.
Ad affiancarlo è Eric (Ncuti Gatwa), il migliore amico di una vita, un ragazzo di colore, gay e proveniente da una famiglia profondamente religiosa. Eric è uno dei personaggio di maggiore spessore e dal grande impatto emotivo, soprattutto nella seconda metà della stagione. Del modo in cui è scritto ho particolarmente apprezzato il fatto che il suo personaggio non viene determinato pesantemente dall’omosessualità e tutte le volte in cui viene preso di mira non si collegano direttamente al suo orientamento sessuale, ma più che altro al fatto che viene considerato un po’ sfigato dagli elementi più popolari della scuola. La sua identità diventerà però oggetto di un’analisi psicologica delicata e sottile, che avrà modo di legarsi anche alla questione dell’identità religiosa. Un altro modo in cui la serie svecchia gli stereotipi del genere si ritrova proprio in questo, nel fatto che una riflessione sull’omosessualità possa intrecciarsi a quella sulla religione, non per forza in termini negativi o esclusivi.
Abbiamo altre figure archetipiche, ossia dotate di caratteristiche “narrative” già viste e che diventano tipiche: il bullo di buona famiglia, il gruppetto popolare, lo sportivo, la ragazza travagliata e ombrosa. Tutti loro corrono il rischio di sfiorare il cliché, senza però farlo davvero bensì portando innovazione all’interno delle categorie che incarnano, tramite azioni e comportamenti.
A partire dallo stesso Otis vediamo un giovane privo di esperienza e molto in difficoltà quando si tratta di avere approcci fisici, ma che sa come parlare alle persone e che sfrutta la propria sensibilità per dare una mano dove può. Lo sportivo popolare e affascinante, campione di nuoto, non porta avanti l’idea che un cuore dietro ai pettorali sia da sfigati, ma si mostra sensibile, pronto a migliorarsi e desideroso di vivere una vita normale, senza la costante pressione della madre. Il bullo della scuola, figlio del preside, lotta per mantenere la propria dignità sebbene sia poco apprezzato da chi lo conosce e per lasciare un segno positivo in suo padre. Non riuscendoci agisce sbagliando quasi a voler attirare l’attenzione, ma finisce per essere un personaggio più devastato che cattivo, fuori controllo, confuso, ma anche capace di donarci qualche scena davvero tenera. Tra gli impopolari spicca infine Maeve Wiley, interpretata da Emma Mackey. Lei è il personaggio che mi ha convinta di meno, quello che secondo me risulta meno d’impatto proprio perché è stato già visto più volte in film e serie tv. È la figura ombrosa di Sex Education, la giovane apparentemente scapestrata ma in realtà geniale e molto acculturata, che subisce il ricordo di un passato difficile e l’influenza di un presente instabile fino a sviluppare un atteggiamento scontroso e contro corrente. Sebbene credo che sia una rappresentazione abbastanza realistica, non mi ha fatto impazzire. Non c’è nulla di nuovo in un personaggio femminile di questo tipo e non sempre sono riuscita a scusare alcuni comportamenti di Maeve.
Per chiudere, da una serie tv con un titolo come Sex Education mi aspettavo un tentativo del genere, una visione più fresca e giovane delle cose e in parte è stato proprio così. Tramite l’abbattimento di preconcetti questo prodotto targato Netflix ci ha permesso di dare un’occhiata agli infiniti problemi relazionali degli studenti di un liceo, soffermandosi sui loro disagi sessuali e sui drammi che ogni giorno sono costretti a vivere. Al tempo stesso sento che la serie avrebbe potuto fare ancora di più, evitando di tanto in tanto nel scadere in discorsi forzati e imbarazzanti sugli aspetti più grotteschi di ciò che accade sotto le lenzuola. Un esperimento riuscito a metà, dunque, ma che si salva in corner grazie a personaggi particolari e convincenti, a storie di solidarietà, amicizia e scontro commoventi e a drammi personali trattati con la giusta delicatezza.
Voto: 3,5 pescetti su 5
Consigliato a chi: vuole aprire la mente; desidera conoscere personaggi particolari e non scontati; vuole rubare qualche prezioso consiglio per la terapia di coppia; cerca una serie leggera, ma che esplori nel modo giusto i drammi adolescenziali.
Sconsigliato a chi: cerca una serie da vedere con i propri genitori; si imbarazza con poco; vuole un’eroina diversa dal solito; non ama i colpi di scena di nessun tipo.